STREGA LO STESSO

Quattro streghe di una congrega, quattro processi storicamente avvenuti, quattro ingiustizie da rievocare nel culto della memoria. Quattro donne di diverso luogo, tempo ed estrazione sociale, accomunate da un messaggio tanto chiaro quanto represso nella Storia: strega è chi rifiuta di accettare un sistema maschilista di sottomissione, chi cerca e lotta per la propria libertà che, nell’ideale di un mondo senza servi né padroni, assume una connotazione universale.
Strega è chi non teme di commerciare le erbe malgrado i monaci le facciano concorrenza, chi presta assistenza secondo un principio di umanità che non asseconda il potere costituito, chi ha il coraggio di definire eretico il pretesto della stregoneria che sottomette le donne, chi non piega la testa dinanzi alle sofferenze imposte da un sistema che alimenta l’ingiustizia sociale.
Perché, in fondo, il principio di ogni ingiustizia è un gioco di potere, terribile e spietato, che sopperisce allo stesso timore di perderlo cavalcando la superstizione delle masse, alimentandola con la calunnia, reprimendo ogni forma di opposizione a qualsiasi costo, fino a raggiungere il distacco ideale tra chi detiene il potere e chi lo subisce.
Fino a inventare nuove parole. Perché strega è il nome che l’uomo dà alla sua paura dell’essere donna, sia essa levatrice o erborista, guaritrice o veggente, odiata dai parenti perché erede o detestata dai vicini di casa, e tale viene definita da bambina, ragazza, adulta. E, anche da morta, è strega lo stesso.