L’INIZIO

Tre personaggi, amici e coinquilini vivono le loro vite nell’attesa del momento successivo.
Come personaggi alla deriva Giovanni, Emilio e Sebastiano vengono trasportati in un match verbale, una discussione comica e violenta che li porterà a dar sfogo ai propri ideali e alle proprie nefandezze, alle proprie speranze e ai propri tormenti. Al centro di tutto vi è un seme, un metaforico piccolo oggetto che evocherà un’atmosfera di desiderio, astio e incertezza. Queste sensazioni si espanderanno, contagiando i personaggi e portandoli in una dimensione di scontro, dove le alleanze sono effimere e i tradimenti dietro l’angolo: insomma una vera e propria rivoluzione. Il seme assumerà la figura della massima espressione di libertà e ,allo stesso tempo, sarà il simbolo dell’oppressione.
I protagonisti dovranno far conto con loro stessi, con le differenze che li caratterizzano, ma soprattutto con il loro passato, e i segreti che si celano a vicenda.
L’avrà vinta un patetico atteggiamento positivo, oppure l’odio spasmodico per tutto e tutti, o ancora una via di mezzo: in cui si combatte contro la vita come in un ring, non dimenticando di riderci su a ogni break time, mentre la ragazza scosciata entra con il cartellone?
Una cosa è certa, fra cruciverba e rivoluzioni si aprirà a loro la strada per un inizio.

L’Inizio è una drammaturgia che si promette di riflettere sulla condizione generazionale, partendo quindi dall’analisi di un mondo che si promette colorato e senza confini ma che poi si rileva grande, così grande da risultare claustrofobico, così claustrofobico da provocare le vertigini. Questa riflessione iniziale dovrebbe infine trascendere dalla contemporaneità e diventare una riflessione generale, fuori dal tempo, come diceva Grossman, tentando di entrare nelle coscienze degli spettatori come un ragno ed erigere ragnatele di dubbi, paure e risate. Perché sdrammatizzare è l’unica vera arma che la morte e il tempo ci concedono.